Bracco italiano
Il bracco italiano è una razza di cani da caccia, di origini italiane.
Il bracco italiano è un cane selezionato nel basso medioevo da limieri muti con speciale capacità per fermare uccelli. Un cane da ferma di probabile origine italiana è citato per prima volta nella opera di Brunetto Latini e Alberto Magno. Anche Dante, nel suo celebre sonetto Sonar bracchetti lo cita: infatti, “bracchetto”, in questo caso, sta a significare “cane da caccia” o addirittura “cane che abbaia” in generale e non solo segugio, come molti potrebbero pensare.
Selezionato e apprezzato per le sue qualità venatorie, già nel XV secolo venne esportato dall’Italia alla corte dei re di Francia.
Dopo un periodo di decadenza fra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo, negli ultimi cinquanta anni il Bracco Italiano ha vissuto una nuova diffusione e si ripresenta oggi pienamente rigenerato a seguito di selezioni molto accurate che ne hanno salvato le caratteristiche originali.
Da prima della seconda guerra mondiale si mette in luce col proprio lavoro Paolo Ciceri, presidente e cofondatore (assieme a Camillo Valentini) della S.A.B.I., considerato il padre del Bracco Italiano. Molti libri sono stati scritti da lui in materia, e i suoi cani, selezionati in modo quasi maniacale, sono stati considerati come uno standard di razza. Il continuatore della linea braccofila di Paolo Ciceri è stato Giovanni Pietro (Gian Piero) Grecchi di Caselle Landi.
Fra i teorici del bracco dobbiamo citare anche Cesare Bonasegale e Massimo Scheggi. Importanti dresseur sono stati Luigino Bottani e, ancora attivi, Vinicio Tognolo, Gaspare Savioli e Danilo Rebaschio.
Fra i grandi soggetti razzatori degli ultimi decenni ci sono Lord e Galantuom del Boscaccio, Tabar di Cascina Merigo, Tano dell’Asolano, Titano del Trovese, Peppe e Pepe dei Sanchi, Xeres delle Terre Alliane e Agamennone di Cascina Croce.
Un grande soggetto, campionessa del mondo nell’anno 2000, è stata Rivana del Monte Alago.
Il manto è principalmente diviso in due colorazioni: bianco punteggiato di arancio (bianco-arancio) e bianco punteggiato di marrone (roano-marrone). Esistono anche dei soggetti pezzati.
Vietate dallo standard di razza ufficiale dell’E.N.C.I. qualsiasi tipo di focatura[4], tipiche di altre razze canine, vietato anche l’unicolore e le tracce di nero.
Molto versatile, si adatta ad ogni tipo di caccia, ha altissimo senso della ferma. Assieme allo Spinone Italiano sono le uniche due razze da ferma dei cani da caccia italiani.
Dotato di ottimo carattere, ha facilità nell’essere addestrato, soprattutto se con dolcezza.
Ottimo cane da lavoro, come cane da ferma si usa fondamentalmente nella caccia di volatili (quaglie, pernici, fagiani, beccacce e beccaccini), ma è versatile e riesce a fermare anche lepri e conigli.
Allevato nel rigoroso rispetto delle sue qualità di caccia, riesce a far confluire nei medesimi soggetti ottimo comportamento e tipicità morfologica. È la razza con la più alta partecipazione alle prove rispetto al parco cani esistenti. Non presenta particolari problemi di salute o tare ereditarie.